Il presente articolo analizza le condizioni di “minorità” e disuguaglianza alle quali è esposta, da millenni, la cultura “sessualmente divergente” rispetto al canone pattuito. L’analisi muove da una breve premessa di ambito pedagogico circa la costruzione sociale della “diversità” e si sviluppa approfondendo alcuni aspetti della cultura LGBTQ+ attraverso tre delle sue più grandi icone. Queste ultime, di differente età anagrafica (65, 37 e 30 anni) e con carriere artistiche che si distribuiscono sugli ultimi 40 anni, possono ritenersi l’una l’erede dell’altra. L’intento è di dimostrare come i linguaggi alternativi della musica “pop” e leggera si trasformino in strumenti inclusivi se ben interpretati e non ridotti unicamente al fine commerciale.