L’interrogativo su quali siano i limiti e le potenzialità dei nostri interventi come professionisti della gruppalità e della salute mentale è più che mai attuale. Viviamo in un’epoca in cui il dilagare globale della pandemia ha riportato in primo piano il conflitto tra la sopravvivenza individuale e il bisogno di socialità, tra un illusorio “si salvi chi può” e il sorgere ancora incerto della consapevolezza dell’interdipendenza di noi tutti con il tutto: la comunità prossimale in cui siamo inseriti e quella globale dei quasi 8 miliardi di individui, ma anche le altre specie viventi, l’aria, l’acqua e l’ecosistema nel suo complesso.