Il contributo esplora il paradigma della semplessità quale chiave ermeneutica per governare la complessità insita nella costruzione del Progetto di Vita delle persone con disabilità, collocandosi nel solco delle più recenti riflessioni pedagogiche e normative. Muovendo dall’evoluzione del quadro legislativo e dall’adozione del modello bio-psico-sociale, l’articolo mette in luce la necessità di superare approcci riduzionisti o rigidamente lineari, riconoscendo nella semplessità, una traiettoria operativa capace di tradurre la pluralità in eleganza funzionale. Le arti e le tecnologie didattiche emergono come mediatori semplessi, strumenti vicarî che generano partecipazione, simbolizzazione e progettualità, restituendo centralità alla corporeità e alla dimensione relazionale dell’apprendere. In tale prospettiva, il Progetto di Vita non è documento statico, ma opus aperta, narrazione esistenziale in continuo divenire, in cui deviazioni, anticipazioni e mediazioni si intrecciano in un cammino rizomatico. La semplessità si configura, dunque, non solo come paradigma epistemologico, ma come habitus etico ed estetico, orientato a rendere l’educazione ars vitae, capace di sostenere la dignità e l’autodeterminazione di ciascuno.