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SPECIAL ISSUE N. 172(2)/2025 CALL FOR PAPERS

08-05-2024

PREMESSA

Negli ultimi decenni, in gran parte dei paesi europei, il settore pubblico ha subito rilevanti trasformazioni, influenzate da molteplici “pressioni”. Se fino agli anni ’70 l’espansione del settore era vista come un segno di sviluppo, dal decennio successivo la prospettiva dominante si è ribaltata, anche per l’incremento del debito pubblico. Non solo la spesa per il settore − inclusa quella per il personale − è stata sottoposta a stretto controllo, portando a una situazione di «austerità permanente» (Pierson 1998), ma si è trasformata nella principale leva finanziaria agita dai governi. Nello stesso tempo, il programma del New public management (Osborn e Gabler 1992), con le sue raccomandazioni (privatizzazione delle relazioni di lavoro, introduzione di meccanismi di mercato o quasi-mercato nella fornitura dei servizi, adozione di pratiche managerialistiche nella gestione del personale, ecc.), ha conquistato l’Europa, anche se in misura e modi diversi nei vari paesi (Walsh 1995; Ridley 1996). In Italia, tali processi, avviati a partire dagli anni ’90, hanno conosciuto una rapida accelerazione. A seguito della crisi finanziaria del 2008-10 le pressioni per il contenimento dei costi si sono notevolmente rafforzate e con esse le spinte verso misure di austerità (Streeck 2014; Van Gyes e Schulten 2015), soprattutto nei paesi dell’Europa meridionale, più dipendenti dal sostegno finanziario esterno e con più stringenti esigenze di controllo della finanza pubblica (Pavolini et al. 2015; Di Mascio e Natalini 2022). Tali pressioni hanno portato a ulteriori e spesso più rilevanti “tagli” alla spesa per le diverse aree/attività (Vaughan-Whitehead 2013; Bach e Bordogna 2016).

Tutto ciò ha avuto effetti significativi sul lavoro pubblico: sui livelli di occupazione, sulla qualità  del  lavoro  e  sulle  relazioni  industriali.  Varie  ricerche,  relative  a  diversi  contesti istituzionali, hanno evidenziato la perdita di posti e la contrazione del personale, l’aumento dei rapporti di lavoro instabili e della precarietà nel settore, la stagnazione o il declino delle retribuzioni, il deteriorarsi di altre condizioni lavorative, l’indebolimento del dialogo sociale e il graduale aumento dell’unilateralismo nella definizione delle condizioni di lavoro e dell’organizzazione del lavoro alle dipendenze della PA (Glassner 2010; Bordogna e Pedersini, 2013; Bach et al. 2016; Keune et al. 2020). Con conseguenze negative sulla qualità dei servizi e la soddisfazione degli utenti (Bordogna e Neri 2014; Pedaci et al. 2020). Alla riduzione della qualità del lavoro e dei servizi ha poi contribuito un ulteriore fenomeno: la crescente frammentazione della “catena del valore pubblico”, perseguita attraverso forme di gestione mista pubblico-privato, meccanismi di accreditamento e pratiche di esternalizzazione, soprattutto nell’ambito dei servizi ad alta intensità di lavoro (per esempio pulimento, fornitura pasti, vigilanza, ma anche di cura, socio-assistenziali e socio-educativi). Tale fenomeno, particolarmente esteso in Italia (Dorigatti et al. 2020; Di Nunzio e Pedaci 2023), ha innescato una generalizzata competizione sui costi, rafforzando, tra l’altro, le disuguaglianze nella forza lavoro impegnata nella “filiera” dei servizi pubblici (Dorigatti et al. 2018; Mori 2020; Giullari e Lucciarini 2023).

La recente crisi pandemica e la relativa emergenza sanitaria se, da un lato, hanno reso evidente la crucialità del ruolo del settore pubblico e dei suoi dipendenti (de Beer e Keune 2022), celebrati dall’opinione pubblica e dai policy-makers come i “nuovi eroi”, dall’altro, non hanno però invertito – o lo hanno fatto solo in parte – le tendenze menzionate. Anzi queste si sono intersecate alle nuove pressioni e trasformazioni: dalla crescente digitalizzazione, all’esigenza di avviare una “transizione verde”, fino a quelle collegate all’aumento dell’inflazione.

I CONTRIBUTI

Nonostante la rilevanza delle tendenze evidenziate, il dibattito scientifico (incluso quello sociologico), ha riservato scarsa attenzione alle dinamiche del lavoro pubblico; con alcune importanti eccezioni, focalizzate però soprattutto sul periodo pre-pandemico o addirittura pre- crisi finanziaria. Da queste ricerche emergevano già una serie di contraddizioni e criticità (Carrieri e Damiano 2010; Dell’Aringa e Della Rocca 2017; Cavalli e Argentin 2010; Gagliardi e Accorinti 2014), che negli anni recenti si sono acuite (Vicarelli 2022; Naldini e Poggio 2023) La pandemia ha, in parte, revitalizzato gli studi sul lavoro pubblico, dedicati però soprattutto alle esperienze di lavoro da remoto (Previtali et al. 2020; Pirro et al. 2022)

L’obiettivo della special issue è allora colmare il gap conoscitivo e di ricerca, promuovendo una discussione ampia con un approccio inter- e multi-disciplinare. La proposta muove anche dalla constatazione della crescente importanza del lavoro pubblico in un momento in cui il ruolo della pubblica amministrazione rappresenta un fattore decisivo per la ripresa e la crescita economica e per il miglioramento dell’accesso ai diritti e della coesione sociale.

In tale prospettiva, la special issue si propone di raccogliere contributi originali di riflessione teorica, ma soprattutto di analisi empirica, di taglio qualitativo e/o quantitativo. La sezione monografica, che si intende costruire, si concentrerà sul contesto italiano, per assicurare una discussione ampia e approfondita su un ambito articolato e complesso, nelle sue traiettorie di sviluppo nazionali e locali, anche in una prospettiva multi-livello, e nelle sue distintività intra- e inter-compartimentali. Sono, tuttavia, incoraggiati saggi capaci di adottare uno sguardo comparativo dell’Italia con altri paesi, per coglierne similarità e differenze. I contributi potranno concentrarsi su uno o più comparti del settore pubblico.

Nello specifico, i contributi possono includere (ma non solo) i seguenti temi:

−   dinamiche dell’occupazione nel settore pubblico;

−   significati e attrattività del lavoro nel settore pubblico;

−   politiche/modalità di selezione della forza lavoro;

−   modelli di organizzazione del lavoro;

−   percorsi occupazionali, di carriera, situazioni di instabilità/precarietà;

−   qualità (nelle sue diverse dimensioni) e soddisfazione del lavoro;

−   innovazioni tecnologiche, organizzative e conseguenze per le condizioni di lavoro;

−   disuguaglianze e discriminazioni nei luoghi di lavoro;

−   pratiche di inclusione; esperienze di diversity mangament;

−   qualità del lavoro e qualità dei servizi;

−    iniziative degli attori delle relazioni industriali o di altri attori collettivi per migliorare le condizioni di lavoro.