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CALL FOR PAPER - SEZIONE MONOGRAFICA N. 171(1)/2025

11-04-2024

PREMESSE

Il dibattito pubblico sulla Great Resignation – il termine con cui si indica l’ampio fenomeno delle dimissioni volontarie iniziato nel 2021 negli Stati Uniti e che avrebbe in parte contagiato anche l’Europa – rappresenta l’epitome di una rinnovata attenzione al ruolo che il lavoro occupa nella costruzione delle biografie individuali.
Molti osservatori registrano la diffusione di un orientamento sempre più ostile alla centralità della dimensione lavorativa nella vita dei singoli. Si parla, in questi termini, di Antiwork, a indicare in realtà una questione sfaccettata, declinabile secondo diverse prospettive e intensità. Con questo concetto si etichettano infatti dagli atteggiamenti di disaffezione e distacco identitario dal proprio lavoro – ad esempio per sottrarsi a quella che è stata definita la “trappola della passione” (Murgia e Poggio, 2012), come recentemente ben rappresentato da Sarah Jaffe nel suo libro Il lavoro non ti ama. O di come la devozione per il nostro lavoro ci rende esausti, sfruttati e soli (2022) – ai tentativi di contenere, attraverso pratiche di resistenza dal basso, lo sconfinamento del lavoro nella vita privata, ad esempio con la pratica del quiet quitting, che consiste nel limitarsi a svolgere quanto strettamente previsto dal proprio contratto e dalla propria mansione (Scheyett, 2023); sino al ripensamento complessivo della propria traiettoria di vita in relazione al lavoro, rinunciando alla carriera e mettendo in atto un downshifting del proprio stile di vita (Kennedy et al., 2013).
Si tratta di temi che, pur già presenti, hanno acquisito una rinnovata rilevanza a seguito della pandemia da Covid-19, sia per l’effetto della tragedia sanitaria sugli ordini valore dei singoli, sia perché la crisi pandemica ha costituito uno shock senza precedenti per il sistema produttivo mondiale e il mercato del lavoro che lo sostiene, con esiti differenziati per individui e categorie. Si pensi ad esempio alle differenze sperimentate da lavoratori e lavoratrici in relazione al riconoscimento o meno dell’essenzialità del proprio settore di attività durante i lockdown; al tipo di inserimento nel mercato del lavoro, in particolare laddove è diffuso il lavoro sommerso; ai carichi di cura e al loro disequilibrio per genere.
La consistenza dei fenomeni sinteticamente evocati è difficile da stimare, anche, paradossalmente, a causa del forte interesse mediatico suscitato da alcuni aspetti pittoreschi ma verosimilmente marginali da un punto di vista quantitativo. Uno su tutti: il presunto fiorire di nuove professioni a supporto del ridimensionamento lavorativo, i cosiddetti escape coach. Non vi è tuttavia dubbio che la questione stia sollecitando studiose e studiosi. Per quanto riguarda l’Italia, menzioniamo il contributo di Francesca Coin (2023) Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita e il bel libro di Sandro Busso (2023) Lavorare meno. Se otto ore vi sembrano poche. Per un verso, le analisi più recenti si focalizzano sul lato dell’offerta di lavoro, dunque sulla disposizione dei lavoratori e delle lavoratrici ad accettare e mantenere un impiego e sulla nuova ‘legittimità sociale’ che assumono le scelte dei singoli di limitare il tempo e lo spazio del lavoro nelle proprie vite. Per un altro verso, le indagini hanno messo a fuoco le caratteristiche della domanda di lavoro e le condizioni strutturali che, in alcuni settori più che in altri, favoriscono abbandoni e disaffezione: contrattualizzazione assente o parziale, bassi salari, orari estesi e non prevedibili, eccessivo controllo e pratiche di micromanaging, scarso riconoscimento e gratificazioni, assenza di possibilità di progressione, discriminazioni, molestie e mobbing.
Le tendenze sopra menzionate si declinano poi, in modo specifico, in funzione delle caratteristiche del mercato del lavoro a livello nazionale o locale. Con riferimento all’Italia, ad esempio, diversi dati recenti riguardo alle dinamiche del lavoro dipendente e parasubordinate sollecitano un approfondimento. I dati segnalano, ad esempio, che nel 2022 vi è stato un incremento delle cessazioni dei rapporti di lavoro rispetto all’anno precedente. Inoltre, la quota maggiore di lavoratori e lavoratrici che hanno cessato il loro rapporto ricade nella classe di età 35-54 anni. Va tuttavia evidenziato che più dell’82% delle cessazioni riguarda contratti che hanno una durata inferiore a un anno e che le cessazioni richieste dal lavoratore o lavoratrice sono pari al 18,9% del totale, una quota più elevata rispetto al 2020 ma inferiore rispetto al 2021. Nello stesso periodo, inoltre, aumentano anche le cessazioni promosse dal datore di lavoro, in particolare a causa dell’aumento dei licenziamenti. Scendendo a livello territoriale, l’analisi del rapporto tra dimissioni e totale delle cessazioni mostra forti variazioni regionali: nelle regioni economicamente più dinamiche del Nord la percentuale di coloro che lasciano volontariamente il proprio lavoro è tre volte superiore a quanto si osserva nelle zone meno produttive del paese (Rapporto Annuale sulle Comunicazioni Obbligatorie, 2023). Infine, se si considera un arco temporale più ampio, si può osservare che il dato recente di dimissioni volontarie nel nostro paese non è una novità assoluta: già nel 2007 si era verificato un picco poi rientrato (Armillei, 2023).
Siamo dunque di fronte a uno scenario composito, che richiederebbe un’analisi a grana fine. Merita poi di essere ricordato il ‘paradosso’ del mercato del lavoro italiano, in cui un’elevata disoccupazione si coniuga a una carenza di forza lavoro disponibile in alcuni ambiti e settori, tra cui le attività stagionali e turistiche, l’assistenza socio-sanitaria e il basso terziario. Il cattivo allineamento tra le diffuse condizioni di lavoro, l’aumento del costo della vita e le aspirazioni in relazione sia al lavoro sia al bilanciamento vita-lavoro (Blossfeld et al., 2012; Fullin e Reyneri, 2015; Bertolini e Poggio, 2022) fa pensare all’esistenza di lavoratori e lavoratrici che declinano alcune opportunità lavorative sottraendosi così al diktat secondo cui ‘un lavoro pur che sia è comunque meglio di non lavorare’. Su questo scenario si innestano poi le riflessioni, presenti e pervasive nel nostro paese, su competitività produttiva, salario minimo e reddito di base (o altre politiche riguardanti la lotta alla povertà, al lavoro povero e le misure attive del mercato del lavoro, cfr. Filandri, 2022).
Come in un sistema di centri concentrici, questo dibattito fa poi leva su temi più ampi e di primaria rilevanza nella letteratura scientifica. La proliferazione dei contratti di lavoro atipici ha accresciuto la differenziazione delle condizioni di lavoro. Questo ha reso più difficoltosa la rappresentanza unitaria a livello sindacale dei lavoratori e delle lavoratrici e ha altresì sgretolato le identità collettive che si erano venute a creare nel mondo del lavoro, sia su base identificativa (la trasformazione di pezzi del mondo del lavoro da classe in sé a classe per sé) sia in termini oppositivi (i conflitti legati alla faglia capitale/lavoro) (Supiot, 2020). Nondimeno, i cambiamenti tecnologici e organizzativi, uniti alle strategie di governance delle grandi imprese, hanno eroso le modalità consolidate di interazione tra i lavori e le loro rappresentazioni degli spazi sociali e fisici connessi al mondo del lavoro. Questi ultimi processi hanno acuito la crisi relativa al nesso tra lavoro e riconoscimento sociale (Honneth, 2020; Pizzorno, 2007; Dordoni, 2020). La divaricazione del nesso tra lavoro e riconoscimento sociale induce le persone a modificare l’orizzonte di senso che il lavoro assume nelle costruzioni biografiche e ne riduce la centralità nei processi di integrazione sociale. Si tratta evidentemente di processi che emergono in modo differenziato in relazione ai diversi settori del mercato del lavoro e alle gerarchie organizzative. Pertanto, sono differenziati gli esiti sociali ed economici che questi trend producono, aprendo ora opportunità e capacità di agency prima latenti, ora riducendo le chance di autorealizzazione.

OBIETTIVI

Dati questi presupposti, il presente Special Issue ha due obiettivi principali. In primo luogo, intende mettere ordine tra fenomeni connessi ma solo parzialmente sovrapponibili, se non talvolta contrastanti tra loro, e che – come detto – vengono semplicisticamente etichettati come Antiwork. Riteniamo da questo punto di vista che alla letteratura scientifica sia richiesto di delineare meglio i confini tra fenomeni ancora spesso trattati in modo indistinto e di specificarne analogie e differenze, nonché di chiarire se e in che misura è possibile – e opportuno – indagare tali fenomeni con strumenti teorico-analitici comuni.
In secondo luogo, lo Special Issue intende raccogliere contributi capaci di mappare e delimitare questi fenomeni da un punto di vista empirico, su singoli casi settoriali o nazionali o per comparazione, anche con la finalità di comprenderne la reale estensione, al di là delle narrazioni e rappresentazioni mediatiche che li hanno resi celebri. Inoltre, mediante studi empirici di taglio intensivo ci attendiamo di: a) ricostruire le ‘pratiche sociali’ emergenti che favoriscono una resistenza da parte dei lavoratori e delle lavoratrici ai puri meccanismi regolativi del mercato; b) comprendere se e come queste pratiche individuali si condensano in una dimensione collettiva, introducendo nuove forme di rappresentanza e auto-rappresentanza di lavoratori e lavoratrici, innovative dinamiche di interazione con i datori di lavoro e modi originali e orizzontali di organizzare i processi produttivi.

AMBITI TEMATICI

In dettaglio, sollecitiamo l’invio di paper che trattino i seguenti temi:

i. Scenari settoriali, locali, nazionali e internazionali, sviluppati singolarmente o in modo comparativo, sul fenomeno delle dimissioni di massa e altre forme di ridimensionamento del lavoro o allontanamento dal mercato del lavoro;

ii. Pratiche individuali di ridefinizione dello spazio e del senso del lavoro nella propria vita: quiet quitting, downshifting, exit volontaria (sensu Hirschman, 1970) dal mercato del lavoro (trasferimenti orizzontali job to job e/o tentativi di prendere distanza in modo duraturo dalla vita lavorativa attiva);

iii. Forme di interazione, scambio, conflitto che in ambiti lavorativi ed extra-lavorativi si affermano tra/verso soggetti (colleghi, familiari, gruppo dei pari) in presenza di pratiche individuali come quelle menzionate al punto precedente: come reagisce il contesto sociale ai tentativi di ridefinizione di priorità e aspirazioni che comportano una riduzione del tempo e dello spazio occupato dal lavoro? 

iv. Modalità innovative e partecipate di riorganizzare in modo eterarchico le attività produttive, mettendo radicalmente in discussione l’idea di catene di comando, rapporti gerarchici e carriere interne come componenti che scandiscono le carriere lavorative;

v. Eventuale emersione di forme di resistenza al lavoro che, da scelte di ribellione o rinuncia individuale (sensu Merton, 1968), si trasformano in componenti che danno luogo a nuovi attori collettivi;

vi. Forme innovative di rappresentanza dei lavoratori e delle lavoratrici che tematizzino la issue di ridurre la rilevanza del lavoro nel corso di vita delle persone;

vii. Analisi di misure di policy, esistenti o in discussione, che proteggano dal lavoro e permettano di allontanare da sé lavori non voluti, come ad esempio il reddito universale di base.

MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE

Gli articoli, in italiano o inglese, devono essere caricati entro il 15 settembre 2024 sulla piattaforma informatica Open Journal Systems di FrancoAngeli, registrandosi come «autori» alla pagina http://ojs.francoangeli.it/_ojs/index.php/sl/index e seguendo le istruzioni per caricare l’articolo completo. L’articolo potrà avere una lunghezza massima di 8.000 parole e dovrà tassativamente rispettare le norme editoriali della rivista: https://www.francoangeli.it/riviste/NR/Sl-norme.pdf

Non si accettano testi che non siano stati editati secondo le norme redazionali o di dimensioni eccedenti quelle indicate in questa call. Gli articoli correttamente formattati e caricati sulla piattaforma informatica della rivista saranno sottoposti al processo di double blind peer review.

PRINCIPALI RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Armillei F. (2023). Le grandi dimissioni hanno precedenti. In: lavoce.info, 07/02/2023.
Bertolini S. and Poggio B., a cura di (2022). Research handbook on work–life balance: Emerging issues and methodological challenges. Cheltenham: Edward Elgar Publishing. Blossfeld H.P., Buchholz S., Hofäcker D. and Bertolini S. (2012). Selective flexibilization and deregulation of the labor market. The answer of continental and Southern Europe. Stato e mercato, 32(3): 363-390.
Busso S. (2023). Lavorare meno. Se otto ore vi sembrano poche. Torino: Edizioni Gruppo Abele.
Coin F. (2023). Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita. Torino: Einaudi.
Dordoni A. (2020). Introduzione. In: Honneth A., Sennet R. e Supiot A., a cura di, Perché lavoro? Narrative e diritti per lavoratrici e lavoratori del XXI secolo, pp. 7-19. Milano: Feltrinelli.
Filandri M. (2022). Lavorare non basta. Roma-Bari: Laterza. Fullin G. and Reyneri E. (2015). Mezzo secolo di primi lavori dei giovani. Per una storia del mercato del lavoro italiano. Stato e mercato, 35(3): 419-468.
Hirschman A.O. (1970). Exit, Voice, and Loyalty Responses to Decline in Firms, Organizations, and States. Cambridge Ma.: Harvard University Press.
Honneth A. (2020). Democrazia e divisione sociale del lavoro. In: Honneth A., Sennet R. e Supiot A., a cura di, Perché lavoro? Narrative e diritti per lavoratrici e lavoratori del XXI secolo, pp. 81-114. Milano: Feltrinelli. 

Jaffe S. (2022). Il lavoro non ti ama. O di come la devozione per il nostro lavoro ci rende esausti, sfruttati e soli. Roma: Minimum Fax.
Kennedy E.H., Krahn H. and Krogman N.T. (2013). Downshifting: An exploration of motivations, quality of life, and environmental practices. Sociological Forum, 28(4): 764- 783.
Merton R.K. (1968). Social theory and social structure. New York: Simon and Schuster.
Murgia A. and Poggio B. (2012). La trappola della passione. Esperienze di precarietà dei giovani highly skilled in Italia, Spagna e Regno Unito. In: Cordella G. e Masi S.E., a cura di, Condizione giovanile e nuovi rischi sociali. Quali politiche?, pp. 82-99. Roma: Carocci.
Pizzorno A. (2007). Il velo della diversità: studi su razionalità e riconoscimento. Milano: Feltrinelli.
Scheyett A. (2023). Quiet quitting. Social Work, 68(1): 5-7.
Supiot A. (2020). Homo faber: continuità e rotture, in Perché lavoro? In: Honneth A., Sennet R. e Supiot A., a cura di, Perché lavoro? Narrative e diritti per lavoratrici e lavoratori del XXI secolo, pp. 21-55. Milano: Feltrinelli.

FONTI

Rapporto Annuale sulle Comunicazioni Obbligatorie. Le dinamiche del lavoro subordinato e parasubordinato. Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 2023.