Nel nostro Ser.D., in linea con il trend registrato in Italia, si rileva un progressivo aumento degli accessi di adolescenti già “complessi” (policonsumo di sostanze psicoattive, comportamenti devianti, aggressivi e di rottura con il contesto familiare ed educativo di riferimento). Sono altresì presenti componenti di malessere più profondo, che coinvolgono anche la sfera del disagio psichico, affettivo e relazionale. Gli adolescenti “complessi” sono resistenti ad affidarsi ai servizi, ai familiari e agli operatori. Infatti, si registrano problemi legati al rispecchiamento positivo e alla capacità di innescare meccanismi di risonanza con l'”altro”, rendendo laboriosi sia l'aggancio, sia la ritenzione in trattamento, soprattutto laddove la presa in carico è frammentata e multipla. La pratica clinica suggerisce l'importanza della presa in carico globale e multidimensionale e la necessità di creare un virtuoso circuito del sistema di continuità delle cure per gli adolescenti “complessi” che transitano dalla minore alla maggiore età, i quali spesso percepiscono attorno a loro un “vuoto assistenziale” da parte dei sevizi deputati al loro sostegno.
La ricerca (settembre 2015-Dicembre 2016) ha consentito di osservare e analizzare come la “complessità socio-sanitaria” ha influito sulla gestione clinica e operativa dei casi all'interno di un determinato servizio e come questo si sia organizzato al fine di fornire risposte pertinenti ed efficaci ai nuovi bisogni emergenti.