L’articolo si propone di valorizzare l’utilità clinica della dimensione corporea in seduta e la coerenza di tale atteggiamento analitico con alcune intuizioni epistemologiche di Jung e Bion. La psiche verrà considerata come un’unità complessa mente/corpo, dotata di molti livelli di funzionamento (sottosistemi) raggruppabili in tre grandi aree: corporea, affettiva, e di pensiero. Ognuna di queste aree si esprime con un linguaggio diverso e solo il lavoro di integrazione sincronica dei sottosistemi crea la sensazione di possedere un Sé coeso. La seduta analitica può essere vista come un incontro tra due sistemi complessi che si attivano reciprocamente, creando un campo transferale multidimensionale. Non ci sono significati nascosti che il paziente cercherebbe inconsciamente di occultare, ma livelli di esperienza non integrati tra loro. L’articolo si chiude con una vignetta clinica, che mostra un processo di integrazione parallela e sincronica di elementi sub-simbolici, processo che coinvolge tanto l’analista quanto il paziente. Tale integrazione amplia le prospettive relazionali e autoconoscitive di entrambi i soggetti.