Interagendo con il vivace dibattito storiografico sulle scritture di “supplica” e le varie forme di appello alle autorità in differenti contesti spaziali e temporali, l’articolo ha per oggetto l’analisi di un gruppo di domande di “discriminazione” inviate alla Direzione generale per la demografia e la razza dalle cittadine italiane “di razza ebraica”, all’indomani dell’entrata in vigore della legislazione antisemita fascista. Rappresentando una minoranza all’interno del corpus più ampio di richieste di deroga alla normativa antiebraica, le lettere delle donne costituiscono nondimeno una fonte di grande rilevanza, tanto per illuminare il carattere tutt’altro che marginale della procedura di “discriminazione” nell’esperienza di chi fu vittima della politica antisemita, quanto per riprendere da altre angolature il dibattito sul “dilemma della cittadinanza” femminile nel regno d’Italia.