Nel seguente articolo vorrei analizzare filosoficamente in quali termini la psicologia
analitica di Carl Gustav Jung si ponga come erede della tradizione spirituale occidentale,
addirittura come un “cristianesimo post-religioso”. Nel farlo vorrei anzitutto evidenziare i
rapporti fra la tradizione ebraico-cristiana e la psicologia analitica, valutando il peso specifico
che Jung attribuisce alla memoria religiosa e alla sua capacità terapeutica di fornire un canale di
espressione alle forze agenti nell'uomo. Metterò in luce come lo psichiatra svizzero ritenga
opportuna una ri-formulazione dello scenario mitico tradizionale così da offrire una base
immaginale all'esternazione dei processi psichici dell'occidentale moderno. Cercherò in questo
modo di mostrare come per Jung «la perdita delle radici e l'abbandono della tradizione
nevrotizzino le masse e le predispongano all'isteria collettiva» (Jung 1982).