Questo articolo rappresenta un tentativo di comprendere le caratteristiche conseguenze dei traumi estremi, altrove chiamate “disturbo post-traumatico da stress complesso”, che i rifugiati e i richiedenti asilo portano in terapia. Si suggerisce che questo tipo di traumi subiti in età adulta possa comportare una disintegrazione del sé e la perdita della “pelle psichica”. Questa concettualizzazione deriva dalla terapia di un rifugiato sopravvissuto a traumi estremi multipli e con il quale sono stati fatti sforzi in terapia per identificare una metodologia complessa che fa uso di strumenti terapeutici supplementari in aggiunta alla psicoterapia individuale. Il caso dimostra come la disintegrazione del sé implichi non soltanto una profonda dissociazione somato-psichica, ma anche la perdita dello spazio intrapsichico e interpersonale. Nel trattamento questo è stato elaborato attraverso la ripetizione delle dinamiche vittima-aggressore a molteplici livelli. Alla fine, il contesto della terapia si è spontaneamente strutturato come una serie di strati concentrici, che hanno creato una “bendatura” sulle ferite del paziente mentre la sua “pelle psichica” poteva rigenerarsi. Le sindromi scatenate dai traumi estremi nei rifugiati mettono alla prova alcuni dei capisaldi della tecnica psicoanalitica nelle terapie individuali, come pure l’idea che la terapia individuale esista in un vuoto ambientale.